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Il Torrazzo

Il Torrazzo


Costruzione fortificata del XIII secolo, più precisamente tra il 1275-77: proprio nel 1277 i De Pertusio ottennero infatti dai conti di Savoia il feudo di Villarbasse e, per la sua difesa, innalzarono il Torrazzo. Nel corso degli anni esso subì vari passaggi di mano (tra i quali i Signori di Chignin) fin quando, nel 1869, passò stabilmente in proprietà della famiglia Pennaroli-Durando.
Corpo edilizio turrito a pianta rettangolare con tre piani fuori terra e merlatura “a penna” ghibellina, superava in origine i 12 metri e i merli (se ne scorge ancora la sagoma) erano guelfi. Internamente si articola su tre piani comunicanti mediante una rampa. Una scala in muratura dà accesso al sotterraneo dalla volta a botte con, nella parte sottostante, un locale adibito a ghiacciaia. Il pianterreno è costituito da un'ampia sala dal soffitto ligneo a cassettoni, quattro finestrelle e spazioso camino. Dall'ultimo piano si accede alla parte a cielo libero e, da questa, alcuni gradini realizzano l'accesso al camminamento dei merli, articolato su tutto il perimetro della costruzione.
La muratura, nella parte inferiore, è realizzata mediante l'impiego di scapoli di pietra grezza e ciottoli di fiume disposti parte a spina di pesce e parte al naturale, con spessore di due metri alla base. La porzione di muratura superiore, realizzata all'inizio del XIV secolo, è in laterizio.
Circondato da un ampio fossato (colmato in passato dalle piogge scendenti dalla collina) ha ad est l'antica piazza del paese, ora giardino, per accedere alla quale fu in antico eretto un ponticello in legno facente capo al ponte levatoio. Per attenuare il rigore militaresco del Torrazzo vennero eseguiti esternamente affreschi attorno alle finestre, agli archi dei beccatelli ed alle mensole delle caditoie.
Lo fece conoscere, nel 1884, al pubblico l'autorevole studioso locale Ferdinando Rondolino, nel romanzo La Corte di Acaia. Con esso Villarbasse tornò per un attimo alle proprie origini (un Medioevo avvampante) senza tuttavia perder d'occhio il presente. Il quale vedrà, più oltre, rimuovere il gran tetto ligneo che per secoli gli aveva fatto da cappuccio ridandogli, per il piacere di tutti, la fisionomia originaria.